31 gennaio 2007

I racconti di Mauro Gasparini


(disegno di Yuri Hanayama)

Vi invitiamo a visitare il sito di Mauro Gasparini (il link è anche sotto blog in lingua italiana), a leggere i suoi racconti e ad ascoltarli.

Ciccia bomba cannoniere

momentaneamente sprovvisto di bicchiere

Grasso.
Sono ogni giorno più grasso.
Colpa dell’età? Della vita sedentaria? Del lavoro che tutto parla parla, ma niente cammina cammina? Dell’alimentazione sbagliata che prevede solo grassi? Fibre grasse, grissini grassi, costicine, salsicce, pancetta, patate fritte? Ma se friggo con l’olio di semi! Ma dai!
E poi scusa, ma che razza di problemi sono? Ho l’età che ho, faccio una vita sedentaria perché il mio lavoro è al coperto, mangio quello che mi fa sentire non solo sazio, ma anche felice. Che cosa c’è di sbagliato in tutto questo?
E conta qualcosa il fatto che non passi giorno che qualcuno, in piazza, al bar, al lavoro me lo faccia notare? Conta qualcosa che un numero esorbitante di adulti anagrafici si sia lasciato abbindolare dalla scemenza che sostiene il legame tra il fuori e il dentro? Ma quando mai! Abbiate il coraggio di ammetterlo, per voi il dentro è un impiccio, non ci parlate da anni, è un ripostiglio murato meno frequentato delle mutande di una suora!
Allora non c’è niente di sbagliato! Quasi…
Già, di sbagliato c’è che non riesco più ad accavallare le gambe mentre scrivo. Questo è un problema serio. Sì perché il grasso è nella sua essenza pancia. La pancia sospinta dall’accavallamento urta la cassa toracica e il respiro si fa affannoso. Dopo un’ora di scrittura i vicini bussano al muro e dicono che è meglio se ricomincio a russare, ché preferiscono il nervoso all’ansia…
Sorge così nell’uomo maturo un’esigenza atavica ereditata da innumerevoli accoppiamenti con i lemming: vado a correre. Correre… Sulle prime è pellegrinaggio istantaneo, cento metri dalla porta di casa alla piazza per poi buttarmi in ginocchio davanti alla statua della Madonna a pregare che passi un’ambulanza che mi riporti a casa. E a casa? A casa fame nera: kinder bueno, mars, saccottini, fiesta (anche al plurale) e un bicchiere di Coca fredda. Lo stomaco toglie sangue alle gambe che diventano fibre bianche a bagnomaria nell’acido lattico. Insonnia e rutti. E televendite di carne umana, perché se l’uomo non può coltivare le sue passioni, si butta sulla strada del peccato.
Fortunatamente, siamo fatti per abituarci. Così torno a correre.
Tre settimane dopo mi sento già abbastanza sicuro, fiducioso, energetico, coraggioso. Così smetto di correre attorno alla piazza, mollo l’ormeggio del capitello della Madonna del Polpaccio e come uno che ha finalmente trovato il fegato di staccarsi dal bordo della piscina, mi butto. La campagna è mia, pista!
Ma o ci sei nato o non funziona: invece di lasciarmi anestetizzare dalla serotonina della fatica, più lontano vado e più si riavvolge il nastro dei ricordi: brutta roba il sentimento. Ti sei appena abituato a considerare accettabile il coccio di vetro che ti si accanisce sulla milza e un cappio di filo spinato ti stritola lo stomaco finché da qualche parte del sottotetto non ti esce un ricordo tutto intero. Un ricordo che in mezzo minuto è capace di condensare milioni di ore, di sovrapporre decine di momenti diversi, di aprire cento finestre su porzioni smisurate della tua vita senza mai mandare fuori fuoco il più piccolo dettaglio. E a cosa serve la memoria? La memoria è il link alla quarta dimensione, quella che ti obbliga a fare i conti con la parte più oscura di te stesso, quella che si apre sul libro delle infinite risposte che non ammettono domande… La memoria è il più fantastico degli ipertesti.
Però capisco e tanto basta: fine della mia carriera podistica.
Cambierò posizione per non cambiare abitudini. Ho troppa fame di tutto quello che c’è per scappare o per nascondermi in uno specchio.

29 gennaio 2007

Mi piace la lasagna, e poi mi piaci tu... (Zucchero)

(Immagine da www.zucchero.it)

Zucchero Fornaciari ha un nuovo disco, Fly. Il produttore è Don Was, produttore anche dei dischi di Bob Dylan o dei Rolling Stones. Ci lavorano alcuni musicisti di prestigio come Jim Keltner e Amir Questlove Thompson (batteristi), Randy Jackson (bassista), Michael Landau, Waddy Watchel e Tim Rice (chitarristi) e Brian Auger (organo). Ci sono poi delle collaborazioni con Jovanotti e Fossati. Le critiche di questo disco sono state diverse, da quelli che dicono che questo sia un bel disco di blues a quelli che dicono che sia troppo lineare e commerciale. E', ovviamente un disco ben fatto, Zucchero è un professionista e, come abbiamo detto, ci lavorano dei bravi musicisti, ma è vero che è anche molto commerciale, e i testi non è che siano troppo elaborati (mi piace la lasagna/ e poi mi piaci tu/ un po' di marijuana/ sotto il cielo blu/ un po' di Cubalibre, mi amor...). La pagina di Zucchero vi offre la possibilità di ascoltare dei brani di tutte le canzoni. E voi cosa ne pensate?

26 gennaio 2007

Le piccole attenzioni

(Foto da http:www.dianefarrisgallery.com)

Come posso imparare a essere più felice?

“Abbracciarsi anche con sconosciuti è molto bello, divertente e inoltre ci aiuta a vivere meglio insieme agli altri. Non è difficile, ci vuole solo un po' di coraggio, io l’ho fatto”. Quello di cui Ornella, studentessa romana di 27 anni, ci scrive (e raccomanda) è l'abbraccio per strada tra sconosciuti, l'iniziativa, "Free Hugs Campain" che è stata lanciata nel 2006, ma che nel 2007 potrebbe vivere un vero boom.

La campagna è un esempio di quanto possa fare un semplice atto di gentilezza, realizzato da qualcuno con il solo obiettivo di far sentire gli altri meglio. Senza nessun altro fine che quello di regalare un "contatto". Ma a testimoniare le doti terapeutiche degli abbracci ci pensa anche la scienza: secondo uno studio dell’Università della California bastano dodici abbracci al giorno per sentirsi bene e assicurarsi la giusta dose di endorfine, gli ormoni del benessere.

Certe piccole attenzioni sarebbero in grado di innescare un circolo virtuoso non soltanto all’interno della vita di coppia o familiare, ma anche sul lavoro. Una mail spiritosa, un cioccolatino lasciato sulla scrivania di un collega possono aiutare ad alleggerire i momenti di tensione e di stress. Non tutti però si sentono a proprio agio nel fare e nel ricevere certe gentilezze: c’è chi si imbarazza al pensiero di fare una carezza e chi non riesce a manifestare i propri sentimenti. Molto spesso è la scarsa stima di se stessi che impedisce di essere espansivi con gli altri.

(Fonte: Psychologies.it, Gennaio 2007)

24 gennaio 2007

La vera storia di Marinella

(foto da www.nakataimpastato.com)


E’ stata scoperta l’identità della protagonista de “La canzone di Marinella” scritta da Fabrizio De André nel 1968. Il brano, ispirato ad un fatto di cronaca realmente accaduto e letto dal cantautore genovese su un quotidiano, parla di una ragazza annegata in un fiume. A dare il vero nome alla ragazza scomparsa è stato Roberto Argenta, psicologo di Asti: “Si chiamava Maria Boccuzzi e amava ballare. Era una prostituta di 33 anni, aggredita a Milano, colpita con sei colpi di pistola e gettata nel fiume Olona”. (Fonte: La Stampa)

Guardate qui il video di Mina che interpreta questa canzone di Fabrizio de André. Vi invitiamo inoltre a leggere il post (in spagnolo) de Il Doctor Hache, dove potete anche leggere il testo di questa canzone.

22 gennaio 2007

I coniugi Arnolfini

(I coniugi Arnolfini, 1434, National Gallery, Londra)

Le Fiandre erano una delle aree più ricche dell’Europa di quegli anni, grazie soprattutto ad una fiorente attività industriale e commerciale, e non poteva non attirare gli interessi delle grandi banche toscane che in quel periodo si stavano espandendo in tutta Europa. Giovanni Arnolfini era un ricco mercante di Lucca, che si trasferì a vivere a Bruges, insieme alla moglie Giovanna Cenami.

Arnolfini era un uomo facoltoso, e poteva quindi permettersi un’opera così importante e costosa: il suo ritratto è divenuto una delle opere d’arte più famose di tutti i tempi. La sua fama è legata a molti particolari, ma uno dei più curiosi e popolari è sicuramente la presenza dello specchio convesso posto sulla parete di fondo, e che vediamo giusto tra i due coniugi. Attraverso questo specchio, per la prima volta un pittore propone una rappresentazione più complessa dello spazio: in una stessa immagine possiamo vedere la stanza da due punti di vista, quello del pittore e quello, opposto, dei personaggi ritratti. Si ha così, potremmo dire, una rappresentazione dello spazio a 360°. Nello specchio vediamo i due coniugi di spalle e, tra essi, si vedono altre due figure: una delle due è ovviamente il pittore che sta eseguendo il ritratto. Pittore che colloca la sua firma in forma insolita, scrivendo, proprio sopra lo specchio, «Johannes de eyck fuit hic 1434»: Jan van Eyck è stato qui.

Questo specchio è un notevole saggio di bravura e di maestria: oltre alla rappresentazione dello spazio attraverso una superficie convessa, contiene anche dieci piccoli medaglioni che raffigurano altrettante scene della passione di Cristo. Piccolissimi quadretti, che danno la misura dell’estrema meticolosità da miniaturisti di questi pittori, precisi anche nei dettagli più minuti.

Ma la grandezza di questo quadro è da cercarsi soprattutto nella qualità della luce. Lo spazio è illuminato da alcune finestre collocate sulla sinistra, che danno alla stanza una illuminazione radente. Questa luce, avendo una direzione ben precisa, illumina in maniera differenziata anche le superfici piane ed infatti, qui, per la prima volta, vediamo un pittore che tratta con il chiaroscuro anche una superficie piana, qual è quella della parete di fondo. Ma questa luce riesce anche a dare qualità e giusto senso tattile ad ogni superficie che compare nel quadro: le superfici metalliche, quelle delle stoffe, quelle del legno e così via, hanno l’aspetto reale e convincente che noi avvertiamo proprio dal diverso modo di riflettere la luce. Qui avvertiamo una capacità di osservazione, e di analisi della percezione ottica, assolutamente senza eguali nella ricerca artistica di quegli anni.

La grande attenzione alla visione consente a Jan van Eyck di costruire uno spazio prospetticamente valido, tuttavia, anche se in maniera meno accentuata, anche qui si avverte lo stesso equivoco di tanta pittura nordica di quegli anni: la stanza è vista da un punto di vista leggermente più alto rispetto a quello dal quale sono rappresentati i due coniugi.

Il significato del quadro è ancora oggetto di valutazioni, tuttavia appare certo che esso è inteso a celebrare l’unione matrimoniale dei due protagonisti. Probabilmente fu realizzato proprio per l’occasione delle nozze, e come spesso accade per opere del genere, il suo significato è un’apologia del matrimonio. La donna ha un vestito che, nella sua strana forma, indica la fertilità della donna, mentre il cagnolino ai suoi piedi è simbolo della sua fedeltà: due qualità fondamentali per una donna che aspirava ad essere una buona moglie. Dalla parte dell’uomo vediamo a terra due zoccoli di legno, nella classica foggia olandese. Essi sono in realtà simbolo di vita proba e laboriosa, necessaria a sostenere una felice unione familiare. Probabilmente anche la scelta dei colori (il rosso del letto, il verde della veste della donna) non erano casuali, ma avevano significati simbolici che però oggi abbiamo completamente dimenticato.

Rimane tuttavia la perfezione di un’opera che non lascia nulla al caso, in cui tutto è determinato con estrema precisione e che raggiunge l’effetto di un’armonia assoluta.

(testo tratto dalla pagina di Francesco Morante)
Io adoro questo quadro,e voi?

21 gennaio 2007

Avere il cognome della madre

(immagine da www.marzorati.org)

In un articolo di Mario Baudino intitolato Nel nome della madre, apparso su La Stampa, si spiega uno dei cambiamenti recenti nella legge italiana, la possibilità di dare ai figli il cognome materno, o tutti e due, il materno e il paterno:

(...) I cognomi ce li siamo trovati pronti alla nascita, e come spiega lo storico della lingua, che a essi ha dedicato un capitolo nel prossimo libro in uscita per Einaudi, hanno cominciato a funzionare veramente proprio quando hanno perso il loro senso originario. Alcuni linguisti, aggiunge, sostengono che siano l’unico tipo di parole prive di significato. Sono un’etichetta astratta, un suono magico e ancestrale che non si discute, si accetta e basta. La legge ha sempre previsto la possibilità di cambiare solo quelli “ridicoli o vergognosi” o che rivelano “origine naturale”, e in questo caso ci si rivolge al Prefetto. Per il resto a ciascuno il suo, anche se non l’ha scelto. Nessuno, d’altra parte, ha scelto di nascere.
Il cognome è la fatalità. Ci raccorda - diciamolo pure: del tutto arbitrariamente - a una lunga e insondabile catena di antenati. Maschi, naturalmente. Ora la commissione di Palazzo Madama ha licenziato un testo di legge dove si prevede che sarà possibile dare ai figli entrambi i cognomi dei genitori - come è tradizione in Occidente nei paesi ispanofoni e lusofoni - o anche uno solo dei due, a scelta. Sembra una banale decisione di buon senso, anche se molto osteggiata; ma potrebbe essere un terremoto, non solo linguistico, e non necessariamente negativo. Enzo Caffarelli, direttore della Rivista Italiana di Onomastica e coordinatore scientifico del Laboratorio Internazionale di Onomastica dell’Università di Roma, insomma il massimo esperto in materia, non sembra preoccupato. E L’impressione è che possa esserlo davvero, un terremoto, ma ci si abituerà presto. Diverso sarebbe se, come altrove proposto o realizzato, la scelta fosse lasciata al figlio giunto alla maggiore età. Per le implicazioni familiari che potrebbe avere nel caso fosse dettata da un’esplicita preferenza per un genitore o dal rifiuto nei confronti dell’altro. (...)

Era ora, o no? Voi cosa ne pensate?
Se volete leggere l'articolo completo, cliccate qui.

20 gennaio 2007

Io parlo simlish, e tu?

E' diventato il linguaggio più noto tra i giovani, il "Simlish", che altro non è se non lo slang nato e parlato nel videogioco "The Sims 2". Secondo una ricerca effettuata dal sito www.thesims.it di Electronic Arts, con la collaborazione di un team di psicologi coordinati dalla dottoressa Serenella Salomoni, i teen comunicano infatti tra loro molto spesso attraverso linguaggi inventati. Al primo posto il simlish, a seguire il klingon e la lingua elfica.

Il 44% del campione intervistato, un panel di circa 1500 giovani, tra i 15 e i 25 anni, sostiene infatti di parlare con i coetanei attraverso linguaggi nuovi, che utilizzano termini tratti da lingue virtuali, nate dall'estro dei loro creatori o dal mondo del cinema e dei videogiochi. Una sorta di codice cifrato in piena regola, usato per copiare dai compagni durante i compiti in classe o per mandarsi sms, email o dialogare su Messenger. Per invogliare i propri figli a studiare le lingue, sostengono i ricercatori, non è vincente mandarli ai migliori corsi d’inglese della città o spedirli in estate a Londra o New York.

(Foto da The Sims Italia)

In particolare, Salomoni afferma che «secondo il 42% degli intervistati, la lingua inventata più famosa tra i giovani è il Simlish, uno slang parlato all’interno di un videogioco». Il simlish altro non è che un mix creativo di ucraino e tagalog, un dialetto delle Filippine, con l’aggiunta di influenze provenienti dalla lingua navajo e una certa ispirazione ai codici usati dai militari nella Seconda guerra mondiale. Seguono a ruota il klingon, tratto dalle celebre serie televisiva Star Trek, e la lingua elfica parlata dai personaggi de Il Signore degli anelli.

Non è più vis-à-vis (solo il 43% ricorre a quest'ultima) bensì è mediata, filtrata dalla tecnologia che è ormai padroneggiata da un 57%. Di questo il 47% dichiara di parlare con gli amici tramite il cellulare, il 26% attraverso sms, il 21% comunica attraverso il Pc e le e-mail. Solo il 7% concede la propria voce all'interlocutore, ma attenzione, non direttamente, bensì sempre via etere, filtrata dal cellulare.

Possiamo ormai definire defunta la tanta amata lettera, quindi solo un'élite, o come vengono definiti dai giovani, "gli sfigati", il 2%, comunica ricorrendo all'antico e ormai sorpassato metodo epistolare. Non basta. La stragrande maggioranza degli intervistati dichiara di inventare in gruppo, ogni giorno con gli amici, nuovi vocaboli, nuovi slang, come li definiscono, mixando vocaboli provenienti da canzoni per lo più rapper, in testa Eminem e 50Cent.

(Tratto da La stampa)

19 gennaio 2007

Achille Castiglioni

(foto da www.moma.org)

Achille Castiglioni (Milano,1918- Milano, 2002) architetto e designer, si dedica fin dal 1940 alla sperimentazione sul prodotto industriale insieme ai fratelli Livio e Pier Giacomo. I loro interessi si rivolgono all’Urbanistica, all’Architettura e al Design, svolgono un’attività di ricerca sulle forme, le tecniche e i materiali nuovi, tendente alla realizzazione di un processo di progettazione integrale. E' tra i fondatori dell’ADI (Associazione per il Disegno industriale) ed ha avuto numerosi riconoscimenti: nove Compassi d’Oro, Gran Premio della Triennale di Milano, Membro d’Onore del “Comitee of Advisors” all' Art Center College of Design di Pasadena in California e di Montreaux in Svizzera, Membro d’Onore del Faculty of Royal Designers for Industry della Royal Society of Art di Londra, Laurea Honoris Causa dal Royal College of Art di Londra, Premio “The Chartered Society of Designer” di Londra, Premio “Primavera del Design” dal Dipartimento di Cultura di Catalunya, Premio “Art sur Table” dal Conseil National des Arts Culinaires di Parigi, Premio “IF Design Wettbewerb” dal Industrie Forum Design di Hannover, Premio “Longevity-Lanlebigkeit” dal Design Center di Stoccarda, “Premio Domus/INARCH 1998” alla carriera da INARCH, Premio “Targa d’Oro Unione Italiana per il Disegno” dalla Facoltà di Architettura di Genova, Laurea Honoris Causa in Disegno Industriale dal Politecnico di Milano.Tra il 1984 e il 1986 viene allestita una sua mostra personale organizzata dal Museum fur Angewandte Kunst di Vienna, poi ospitata nei maggiori musei europei (Berlino, Milano, Zurigo, l’Aia, Madrid e Parigi). Nel 1995 viene organizzata una mostra personale “A la Castiglioni” a Barcellona, che diventa itinerante in tutto il mondo ( a Milano, a Bergamo, al Vitra Museum di Weil am Rhein , al MoMA di New York, a Tokyo, a Niitsu, a Breda). Il nome di Castiglioni è associato a un vastissimo numero di oggetti: apparecchi illuminanti (per Flos); radio, apparecchi stereofonici (per Brionvega); arredi (per Cassina, De Padova, Driade, Moroso, Poltrona Frau, Zanotta); oggettistica per la tavola (Alessi, Danese).

Castiglioni ha anche svolto un’intensa attività professionale nel campo degli allestimenti e viene ricordato per gli spettacolari allestimenti realizzati in tutto il mondo.

(Informazione tratta dal sito della Triennale di Milano)

17 gennaio 2007

Madrid Fusion e la cucina internazionale



Nelle foto, Davide Oldani e Mauro Uliassi (foto da Internet)

In questo summit di cucina internazionale si riuniscono alcuni dei migliori cuochi e cuoche del mondo, fra cui alcuni italiani, come Mauro Uliassi e Davide Oldani. Secondo un articolo del Domenicale Il Sole 24 ore Ferran Adrià, è lo chef che, senza ombra di dubbio, ha frantumato gli schemi della gastronomia, creando un movimento globale gastronomico di straordinario successo dall’ Europa alle Americhe fino all’ Australia. Ferran Adrià ha presentato i 23 punti della cucina nueva:

1. La cucina è un linguaggio attraverso cui si possono esprimere armonia, creatività, felicità, bellezza, poesia, complessità, magia, humour, provocazione.
2. Si dà per scontato l’utilizzo di prodotti della massima qualità, così come la conoscenza delle tecniche per elaborarli.
3. Tutti i prodotti hanno lo stesso valore gastronomico, indipendentemente dal loro prezzo.
4. Si utilizzano preferibilmente prodotti vegetali e marini: prevalgono anche latticini frutta secca o altri prodotti che nel loro insieme costituiscono una cucina leggera. Nell’ultima fase si fa pochissimo uso di carne rosse, o di volatili in tagli grossi.
5. Per quanto si possano modificare le caratteristiche dei prodotti (temperatura, consistenza, forma eccetera), l’obiettivo è sempre quello dì preservare la purezza del loro sapore originale, salvo nei processi che prevedano una cottura lunga oppure ove si cerchino le sfumature di gusto proprie di reazioni come quella di Maillard.
6. Le tecniche di cottura, tanto classiche quanto moderne, sono un patrimonio da cui il cuoco deve saper trarre il massimo profitto.
7. Come è sempre accaduto nel corso della storia nella maggior parte dei campi dell’evoluzione umana, le nuove tecnologie sono un alleato del progresso in cucina.
8. Si amplia la famiglia dei fondi di cottura, e insieme a quelli classi ci si utilizzano fondi più leggeri che esercitano una funzione identica (acque, brodi, consommé, succhi di verdure purificati, latte di frutta secca eccetera).
9. L’informazione espressa da un piatto si fruisce attraverso i sensi; in più, si fruisce e razionalizza attraverso la riflessione.
10. Gli stimoli dei sensi non sono solo gustativi: si può ugualmente giocare con il tatto (attraverso temperature e consistenze), l’olfatto, la vista (colori, forme, illusioni ottiche eccetera); conseguentemente, i sensi fuingono da punti di riferimento durante la creazione.
11. La ricerca tecnico-concettuale è il vertice della piramide creativa. L
12. Creare è un gioco di squadra.
13. Si abbattono le barriere tra mondo dolce e mondo salato. Emergono, nella loro importanza, il mondo gelato salato e la cucina fredda in generale.
14. Viene infranta la struttura classica dei piatti; negli antipasti e nei dolci si proclama un’autentica rivoluzione, che molto ha a che fare col concetto di simbiosi: e nei piatti principali viene revocata la tradizionale gerarchia “prodotto-guarnizione-salsa”.
15. Sì concentrano gli forzi su un modo nuovo di sentire il palato.
16. L’autoctono come stile riflette un sentimento di appartenenza all’ambiente circostante.
17. Prodotti ed elaborazioni propri di altri Paesi vengono subordinati al proprio criterio di cucina.
18. Ci sono due strade maestre per raggiungere l’armonia dei sapori e dei prodotti: attraverso la memoria (decostruzioni, connessioni all’autoctono, adattamenti, ricette moderne antecedenti) e attraverso nuovi abbinamenti.
19. Attenzione ai punti dì contatto con il mondo e il linguaggio dell’arte.
20. La concezione delle ricette è finalizzata a esprimere l’armonia in piccole porzioni.
21. La decontestualizzazione, l’ironia, lo spettacolo, la performance sono mezzi del tutto leciti, sempre che non siano superficiali, ma riconducibili a una riflessione gastronomica.
22. Il menu degustazione esprime la nostra idea di cucina d’avanguardia. La sua struttura è viva e soggetta a cambi. Si punta su concetti come snack, tapas, morphing eccetera.
23. La conoscenza e/o la collaborazione con esperti di diversi settori (cultura gastronomica, scienza, storia: design industriale) è di primaria importanza per l’evoluzione della nostra cucina.

(Anche se il testo appartiene a un articolo de Il sole 24 ore, l'abbiamo trovato a Gastronauta).
Se vi piace la cucina, vi invitiamo a visitare i blog che ci sono sulla destra sotto gli epigrafi Parlano di cucina e Parlano di vino, vi piaceranno!



15 gennaio 2007

La Giornata della Cultura italiana e la Conferenza su Stradivari a Valencia

(Immagine da Internet)

Il Dipartimento d'italiano dell'Università di Valencia e il Centro Giacomo Leopardi vi invitano alla Giornata della cultura italiana: musica, mass media e novità letterarie, venerdì 19 Gennaio alle 18.00h, saló de Graus della Facultat de Filologia di Valencia (Av. Blasco Ibáñez, 19).

Inoltre, la nostra amica e collega, la professoressa del Centro Giacomo Leopardi, Giovanna Vivian, terrà l'interessante conferenza Stradivari, il liutaio magico, nel museo delle Belle Arti di Valencia S.Pius V, venerdì 26 Gennaio alle 19.00h.

12 gennaio 2007

Fate gli auguri a Bush

(disegno di Toshiko Tazaki)

Il sito spagnolo di Amnesty International fa gli auguri a George W.Bush nel quinto anniversario del Campo di detenzione di Guantanamo. Le ragioni di questi auguri sono:

1. Riuscire a mantenere aperto un centro di detenzione illegale durante cinque anni con l’indifferenza dei governi di tutto il mondo.

2. Il disprezzo della Convenzione di Ginevra.

3. La detenzione senza giudizio di centinaia di persone, torturate sistematicamente.

4. La scomparsa di un numero sconosciuto di persone (in nome della libertà, però!)

5. l’ammissione di prove ottenute mediante tortura.

6. la collaborazioni di molti paesi, fra cui gli europei, che hanno lasciato in prestito le loro basi e aeroporti.

Per fare gli auguri a Bush ed esigere la chiusura di questo centro di detenzione illegale, potete firmare qui. Per leggere il sito italiano, cliccate qui.

11 gennaio 2007

I 60 anni del Duca bianco

(foto da Internet)
Tanti auguri a David Bowie che ha compiuto 60 anni lo scorso 8 gennaio, anche se non sembra. La sua carriera musicale, di grande successo, è iniziata verso la fine degli anni sessanta e ha abbraciato diversi generi artistici e commerciali: glam, disco o pop. Ha partecipato in alcuni film come l'interessante film Merry Christmas Mr.Lawrence, di Nagisa Oshima. Potete visitare il suo sito ufficiale o vederne qualche video su youtube.

10 gennaio 2007

E' morto Carlo Ponti

(foto da Internet)
Era conosciuto come l’ artefice del successo artistico di Sofia Loren, che poi è diventata sua moglie, aiutandola fin dall’ inizio della carriera nella sua scalata verso Hollywood. Carlo Ponti, nato a Magenta, in provincia di Milano, l’ 11 dicembre del 1913, è stato un grande produttore, una di quelle figure mai troppo rimpiante dell’ imprenditoria cinematografica, culturalmente coraggioso e e accorto. Aveva cominciato a produrre a Milano, fra il ’40 e il ’43, distinguendosi con pellicole di origine letteraria: film quali "Piccolo mondo antico" , "Sissignora", "Giacomo l’idealista", tali da imporlo a livello nazionale. La Lux di Renato Gualino, la maggiore società di produzione di quegli anni, gli affidò la realizzazione di film come "Gioventù perduta di Germi", "Senza pietà" e "Il mulino del Po di Lattuada", "Fuga in Francia" di Soldati, nei quali portò la sua visione di un cinema non strettamente ancorato a interessi mercantili.

Nel 1950 si unì a Dino De Laurentiis, costituendo un binomio produttivo fra i più attivi, pieno di progetti ambiziosi, quando in Italia si giravano molti film. Con il collega partenopeo realizzò, fra gli altri, "Anna di Lattuada", "Anni facili di Zampa", "La stradà di Fellini", "Europa 51" di Rossellini. Tra il ’54 e il ’58, che comincia il suo rapporto con Sofia Loren, giovane attrice che aveva conosciuto in un concorso di bellezza e di cui si era invaghito come produttore e come uomo. Da questo momento ne accompagnò l’ ascesa producendo per lei film di grosso impegno internazionale: "Orchidea nera" di Martin Ritt, "Il diavolo in calzoncini rosa" di George Cukor, "Lady L" di Peter Ustinov, "I sequestrati di Altona" di Vittorio De Sica, per ricordare soltanto qualche titolo. Nel frattempo si impegnò anche in produzioni nazionali come "L’ isola di Arturo" e "La noia di Damiani", "La donna scimmia di Ferreri", "La decima vittima" di Petri, legando la propria attività soprattutto al nome di Michelangelo Antonioni, di cui produce "Blow Up", "Zabriskie Point" e "Professione reporter".

Uno dei maggiori successi di Carlo Ponti resta però "Il dottor Zivago", coproduzione internazionale che con la regia di David Lean porta sullo schermo il celebre romanzo dello scrittore russo Boris Pasternak. Produttore di un centinaio di film, Carlo Ponti ha al suo attivo molti altri titoli: "Rappresaglia", "Il disprezzo", "I girasoli", "Una giornata particolare", "Brutti, sporchi, e cattivi", fino a "Sabato, domenica e lunedì" dalla commedia di Eduardo.

Nel 1966 aveva concluso la sua complicata vicenda giuridica matrimoniale con Giuliana Fiastri, la prima moglie, e, dopo aver ottenuto il divorzio in Francia, aveva potuto finalmente celebrare le nozze con Sofia Loren.
Per fare ciò era diventato cittadino francese poiché a quel tempo in Italia non c’era ancora il divorzio. Dall’ unione è nato, nel 1968, Carlo Junior, e, cinque anni dopo, nel ’73, Edoardo. Ponti si caratterizzava per il temperamento autoritario, deciso, che lo portava a frequenti contrasti con i suoi registi. Celebri gli scontri con De Sica, al quale soppresse un episodio dell’ "Oro di Napoli", e Ferreri, al quale boicottò "L’uomo dei cinque palloncini", riducendolo a un breve racconto che poi fece infilare in un altro film.
Articolo tratto da Lastampa.it

8 gennaio 2007

Il caminetto



Speriamo che la Befana vi abbia portato tanti bei regali! Innanzitutto vi consigliamo di leggere l’interessantissimo post di Cristina (Pomi d'ottone e manici di scopa) sulla storia di questa strega buona che scendeva di notte dal camino... Noi invece oggi vi vogliamo parlare proprio di questo, del camino.


Non si conosce esattamente il momento della nascita del camino come lo conosciamo oggi. E’ possibile che il predecessore del camino sia stato il forno del pane, oppure la fornace per fondere i metalli o cuocere le ceramiche. Nell’antichità il focolare rappresentava il simbolo della casa e della famiglia che si radunava intorno ad esso, e i romani lo conoscevano con il nome di atrium, ossia la stanza principale della casa nel cui centro ardeva il fuoco e che aveva un foro sul soffitto per l’uscita del fumo.

Il camino rustico è quello più semplice, usato tradizionalmente come cucina e messo in mezzo alla stanza principale oppure addossato ad una parete. I camini medioevali di monasteri e conventi sono di stile gotico, ma questo stile non abbonda in Italia, dove i camini conservano una struttura semplice e sobria. E’ dal Quattrocento al Cinquecento che i camini italiani cominciano ad avere delle fioriture artistiche. Nel Rinascimento, la cappa dei camini raggiunge persino i soffitti e lega il pavimento in un unico monumento con decorazioni fatte in stucco e di colore bianco o dorato. Il camino del Barocco (dal Seicento al Settecento) ha delle forme ampollose, spesso arricchite con figure allegoriche o mitologiche. Verso la fine del Settecento arriva lo stile neoclassico e i camini diventano di nuovo semplici e con linee diritte.
Oggi, il camino si è evoluto grazie alla tecnologia ed è diventato più efficiente e funzionale, anche se di solito è rimasto un metodo di riscaldamento alter
nativo o complementare.
C'è comunque qualcosa di magico nel contemplare il fuoco, a volte ipnotico, del camino, non è vero?

(tutte le foto tratte da diversi siti di Internet)

5 gennaio 2007

La storia del pane

(foto da: www.vallicuronegrueossona.it)

Le origini del pane si perdono nel lontanissimo neolitico quando i primi rudimentali tentativi di lavorare i cereali producevano poltiglie di farine granulose e scure che accanto al fuoco si cuoceva lentamente, senza una forma definita.
Si pensa che la scoperta del pane avvenne casualmente, quando lasciata della poltiglia di cereali vicino ad un fuoco ci si accorse che si induriva cambiando sapore. Il pane dell’uomo antico non aveva sicuramente nulla in comune con quello dell’uomo di oggi, ma da quel momento è iniziato il cammino e l’evoluzione di questo alimento.
Gli Egiziani segnarono la prima grande rivoluzione mettendo a punto dei forni in cui cuocere le pagnotte a temperature maggiori e scoprendo la magica trasformazione del glutine che si formava lasciando la farina a contatto con l’acqua.
Dagli egiziani le tecniche di preparazione e cottura del pane furono proseguite dai Greci che dipinsero sui loro forni terribili facce di demoni affinchè tenessero lontani coloro che volevano provare ad aprirli. La civiltà greca iniziò ad aggiungere nuove spezie e nuovi aromi al pane, arrivando a creare circa 72 tipi diversi di pani.
Dai Greci ai Romani, l’altra grande tappa della panificazione. I Romani allestirono nel 168 a.C. i primi forni pubblici in città e diedero inizio all’era artigianale del pane, utilizzando farine bianche e più raffinate. Il procedimento di preparazione del pane ha poi continuato a perfezionarsi fino all’epoca di Maria de’ Medici che ottimizzò la lievitazione con l’aggiunta del lievito di birra.
L’evoluzione che seguì fu poi segnata non solo da rivoluzioni di ingredienti ma anche da quelle sociale. Il pane divenne simbolo delle diverse classi sociali: i ceti agiati iniziarono a mangiare solo pane bianco mentre le classi più povere usavano pagnotte di grano mescolate con orzo, segale o avena. Arrivarono poi i nuovi sistemi di macinazione i forni a gas ed elettrici e nuovi ingredienti e migliorarono l’impasto fino ad ottenere la fragranza dei nostri giorni. (testo da kitchen.it)

4 gennaio 2007

L'Italia e l'Europa contro la pena di morte

(foto da Internet)
Dopo la condanna a morte e l'esecuzione di Saddam Hussein, l'Europa chiede l'abolizione della pena di morte. Due paesi membri delle Nazioni Unite applicano la pena capitale, gli Stati Uniti e la Cina, ma per l'Europa, democrazia e pena di morte sono incompatibili. Il Presidente del Consiglio Romano Prodi si è impegnato in prima persona in favore di una moratoria generale: "La pena di morte va tolta per tutti e da tutti i paesi. La politica italiana agirà in questo senso". Roma ha ricevuto il sostegno anche della Francia, che ha sottolineato l'importanza di una posizione comune europea contro la pena capitale. Inoltre, il nuovo segretario generale dell'ONU Ban Ki Moon si pronuncia ora contro la pena di morte, anche se precedentemente aveva detto: "Sulla questione della pena capitale la decisione spetta singolarmente a ogni stato che fa parte dell'ONU". Una dichiarazione stupefacente.
Noi siamo contro la pena di morte in ogni caso, e abbiamo scelto la foto del Colosseo illuminato perché le sue luci cambiano ogni volta che nel mondo si commuta una condanna a morte.
(Immagine da Amnesty International)

2 gennaio 2007

La psicogenealogia

(Testo e immagini da Psychologies.com)

Conoscete più o meno i nomi e i cognomi dei vostri bisnonni, ma ignorate come e perché sono morti. Vi siete magari chiesti, qualche volta, come i vostri nonni si sono conosciuti, ma non vi è poi mai capitato di chiederglielo. Se vi ritrovate in questo quadro, fate anche voi parte del folto gruppo di persone che hanno delle idee piuttosto vaghe sulla loro genealogia. E che ignorano come questa possa invece influenzare non poco la loro vita presente.

Secondo la psicogenealogia, alcune delle nostre scelte di vita, dei nostri sogni, dei nostri fallimenti, sono legati infatti alle esperienze vissute dai nostri antenati. E così, mentre la genealogia tradizionale tende a raggruppare delle informazioni oggettive sugli antenati (nomi, cognomi, date principali), la psicogenealogia utilizza le medesime informazioni per compendere i caratteri, i comportamenti, le personalità, ed evidenziare quei fatti del passato che sono stati decisivi per la nostra esistenza. Il suo obiettivo infatti è fare il punto della situazione su quanto si è trasmesso di generazione in generazione...